A LaPortaBlu Gallery il 14 gennaio è iniziata la rassegna di pittura contemporanea che vede riuniti alcuni artisti fra italiani e internazionali che cercano di dare una panoramica abbastanza generica su cosa significhi fare pittura oggi e testimoniano un vero e proprio ritorno alla ribalta di questa tecnica antica fin troppo bistrattata in tempi contemporanei.
Carlo Pecoraro, romano, con introduzione di Fabrizio Pizzuto, presenta un’opera unica dal titolo NDD 1.0 – Narciso Digitale Dipinto versione 1.0. Si tratta di una grande tela dipinta (2m x 3m) che mostra un uomo seduto su un divano, il quale ci dà le spalle ma che noi riusciamo a vedere nella sua interezza grazie a delle telecamere collegate al televisore che lo riprendono e lo proiettano. L’opera, nella sua semplicità, è inquietante; una sensazione che probabilmente deriva dalla scelta di rappresentare la figura umana con le fattezze di un prodotto virtuale, o anche dall’inerzia dell’uomo nel guardarsi fisso nel televisore, bloccato e immobile, come pietrificato. Il curatore, Fabrizio Pizzuto, ci dà una bella interpretazione di quelle che sono le intenzioni dell’artista nel rappresentare il suo contemporaneo Narciso: «anche il Narciso di Pecoraro deriva da narcosische significa torpore, ma oppone un’obiezione: non si intorpidisce innamorato di qualcosa che non sa essere sé, bensì si stordisce inebriandosi di una ripetizione estatica e mediata del sé». Il Narciso di Pecoraro è molto lontano dal Narciso mitologico a cui si richiama. Non ha su di sé quell’alone di romanticismo tragico che viene in mente ogni volta che si pensa allo sfortunato giovane greco. Grazie all’avanzamento culturale diremmo oggi che il Narciso di Pecoraro si avvicina di più ad una persona con un forte disturbo della personalità, quasi patologico, e quindi come persona bisognosa di cure. In effetti sta proprio qui la lontananza dal Narciso “classico”, prima inconsapevole e poi tanto conscio da lasciarsi morire. Pecoraro mette in luce, piuttosto, l’estremizzazione di quell’atto che ogni giorno l’uomo compie ormai come gesto meccanico: l’affermazione di sé a scapito degli altri. Gli esseri, altro da noi stessi, sono considerati come mezzo per raggiungere una soddisfazione personale e non più come necessari per la costruzione di un qualcosa che riguardi la comunità. Ed è proprio questo che viene a mancare.
Se il nostro Narciso si ritrova a riprendersi ossessivamente fino a intorpidirsi di sé – come dice Pizzuto – è perché è talmente abituato a frammentarsi, a rendersi virtuale, a mostrare e a decantare le sue molteplici personalità in un mondo che non è reale, tattile, davanti a un pubblico esistente ma intangibile, che egli, alla fine, si ritrova solo. In una stanza asettica, spiato (da nessun altro se non da se stesso) da telecamere a circuito chiuso, finito in un loop nevrotico di continuo bisogno di conferme della propria specialità ed utilità, da parte di una società che continua a chiederci di essere diversi e originali, speciali – degli unici – e che poi ci dismette, ci abbandona su di un divano grigio a lasciarci spiar noi stessi e a godere della nostra unicità, dopo averci ridotto a dei nevrotici narcisisti circondati da nient’altro che da noi stessi.
La mostra è visibile fino al 25 marzo, a LaPortaBlu Gallery in via Arco degli Acetari 40.
Laura Loi